UNA PASSEGGIATA ALLA SCOPERTA DI UNA FIRENZE MEDIEVALE MOLTO INTRIGANTE!

Ma secondo voi, dove andavano  i fiorentini nel 1200 se volevano bere una buona orzata o assaporare la frutta in giulebbe? Sicuramente da Valenti, una delle più note e apprezzate botteghe medievali. Valenti sorgeva nel cuore del Mercato Vecchio, all’angolo con via Calimala. Oggi tale esercizio commerciale, dove venivano servite anche acetose e popone in guazzo, potrebbe assomigliare molto ad un bar tabacchi. L’orzata si potrebbe paragonare al latte di mandorle: in realtà è una bevanda dissetante di origine vegetale ottenuta dalla pigiatura di semi, cereali, tuberi, noci o frutti. Mentre il giulebbe era uno sciroppo di origine persiana a base di acqua di rose, zucchero e frutta, ottimo se servito freddo, ma utilizzato anche per conservare la frutta (pere in giulebbe, una vera prelibatezza). Tra i fiorentini dell’epoca andava di moda fermarsi nella bottega del Valenti, anche se tutta la zona del Mecato Vecchio era assai degradata.

Oggi piazza Repubblica è il fulcro della movida fiorentina coi suoi negozi alla moda, i raffinati Caffè e i ristoranti tipici. Nel Medioevo era una delle aree peggiori della città: estremamente popolare, con strutture fatiscenti abitate da poveracci e postriboli malsicuri. Vi si trovava anche l’antico Ghetto Ebraico, andato distrutto nell’ 800 durante i lavori di rifacimento per Firenze capitale. L’intera area era sorta sulle rovine della colonia romana Florentia col Campidoglio, il Foro e le antiche terme sviluppatesi attorno al cardo maximus (via Roma, via Calimala) e il decumanus maximus (via Strozzi, via degli Speziali, il Corso), le principali direttrici della città.

Accanto al palazzo dell’Arte della Lana c’erano i venditori di ferro e quelli di stoffe, mentre dall’altro lato si trovavano i tipici banchi dei friggitori. Roventini (fatti col sangue di maiale, la farina e il lardo), sommommoli (frittelle di riso spolverate di zucchero), gnocchi, carciofi e fiori di zucca erano le prelibatezze offerte dai venditori. Che dire poi degli apprezzatissimi pesciolini (quando ancora il pesce dell’Arno si poteva mangiare!) o del baccalà, specialità culinarie dell’epoca. Ancora oggi ne troviamo tracce consistenti nella tradizione fiorentina, anche se è sempre più difficile scovare trattorie e ristoranti che le ripropongono. All’epoca si friggevano anche le mele, dolci e saporite, una vera ghiottoneria! Insomma il cibo fritto era ed è ancora oggi un po’ il simbolo della cucina fiorentina: chi non apprezza i fiori di zucca o i carciofi fritti, magari serviti di contorno a un gran fritto dell’aia, piatto semplice ma gustoso il cui nome deriva dall’usanza dei contadini di utilizzare le carni di polli e conigli che crescevano nel podere. I friggitori urlavano per richiamare i clienti, un po’ come accade oggi tra i banchi del mercato di Sant’ambrogio. Durante la Quaresima il Mercato Vecchio si riempiva di un odore acre e penetrante. Era l’effetto delle fiaccole di sego o dei lumi a olio infilati sui bastoni che i fruggitori utilizzavano per illuminare la mercanzia, oltre ai grassi usati per cucinare nei padelloni. Tant’è che spesso si creava una sorta di nebbia puzzolente diffusa ovunque.

Spostandoci nell’Oltarno, in piazza Santa Felicita, nei pressi della colonna dedicata alle imprese di San Pietro martire contro gli eretici Catari, lo scenario cambiava: c’erano i venditori di testicciole d’agnello, trippa, lampredotto e interiora varie. Ancora oggi qualche turista inorridisce all’idea di assaggiare il panino col quinto quarto, ovvero il quarto stomaco della mucca, figuriamoci una testina d’agnello tutta intera, denti compresi! Tra le tante curiosità dell’epoca vale la pena ricordare anche l’Osteria della Cervia, che offriva anche alloggio e si trovava in via degli Speziali. Francesco di Dicomano, detto Tonino, era l’oste della Cervia. Il suo nome compare in un registro delle Decime (ovvero un registro delle tasse) accanto a quello del profumiere Bernardo. L’Osteria della Cervia è in pratica l’antesignana di tutti gli alberghi di Firenze. Infatti è soltanto nel XVI secolo che sarà aperto l’albergo del Falcone, un esercizio commerciale un po’ più simile alle attuali strutture alberghiere.

Spostandoci invece in  Orsammichele i nostri fiorentini incontravano i macellai … immaginate anche lì l’odore nauseabondo! C’erano anche calderai (che nel ‘300 facevano parte di un’Arte minore insieme a chiavaiuoli e ferraiuoli) e speziali (integrati in una delle sette Arti Maggiori insieme ai medici). Intorno a Sant’Andrea gli ortolani vendevano non solo frutta e verdura, ma anche rape, bietole e erba bollita in genere. Piccole palline verdi fatte di spinaci, bietole e erbe miste ancora oggi sono molto presenti nella tavola fiorentina, insieme a ceci e fagioli cannellini. I salumieri, che si trovavano sempre da quelle parti, sistemavano in bella vista dei grossi barili contenenti pesce sotto sale, principalmente baccalà. Ovviamente anche in questo caso gli odori erano forti e penetranti. Il baccalà alla fiorentina (con pomodoro, aglio e prezzemolo) è ancora oggi una pietanza molto apprezzata dai fiorentini e spesso è proposto in trattorie e ristoranti tipici.